10 05 25
De Carli: “Sono un elemento caratterizzante del nostro paesaggio romagnolo, va salvaguardato”
“Grazie al lavoro del nostro consigliere regionale Tommaso Fiazza del gruppo consiliare regionale Lega – Popolo della Famiglia abbiamo presentato una risoluzione per arrivare all’obiettivo prioritario di salvaguardare i capanni da pesca come patrimonio dellla nostra terra. Ci meravigliamo del perché la sinistra di governo cittadino e regionale non abbia ancora attivato alcuna procedura in tal senso: stupisce ancora di più che vengano segnalati dalla stessa regione come punti d’interesse turistico nei percorsi ciclopedoturistici e non abbiamo al tempo stesso le licenze adeguate e a norma di legge” dichiara De Carli (Portavoce nazionale de Il Popolo della Famiglia).
“Ci auguriamo di trovare sostegno, oltre alle forze di opposizione, anche in tutte quelle forze politiche interne alla maggioranza di governo in Regione e in Comune che da tempo si spendono come noi per tutelare i capanni da pesca: la loro lotta interna alla sinistra potrebbe essere davvero decisiva. A questo passaggio regionale seguirà anche una conseguente attività parlamentare che parta dai capanni storici per superare la disciplina pre repubblicana che ancora norma il tutto al firme di mettere in regola tutte le posizioni relative ai capanni presenti sul nostro territorio” conclude De Carli.
Testo risoluzione
Premesso che:
Il padellone, o bilancione, è un tipico capanno da pesca con rete a bilancia utilizzato dai pescatori presso le basi o le zone di cattura fluviali, vallive, lagunari o costiere dell’Emilia-Romagna, soprattutto nel ravennate e nelle zone umide del Delta del Po. La tecnica di pesca utilizzata è quella cosiddetta “a bilancia”, ossia con una grande rete quadra immersa nell’acqua e sollevata periodicamente per raccogliere il pesce pescato.
Si hanno notizie circa l’insediamento di capanni già nel ‘400, anche se le prime tracce dirette risalgono al ‘700-‘800, il capanno da pesca si è quindi evoluto insieme alla gente del posto, passando da una forma di sussistenza quotidiana data dalla possibilità di una pesca non professionale che integrava la dieta consentendo a volte anche un piccolo commercio di pesce, a rifugio in tempo di guerra fino alla funzione ricreativa odierna.
Col tempo si sono evoluti anche i materiali di costruzioni, passando dalla canna palustre, prima, a legno e falasco, poi, per arrivare ai prefabbricati e alla muratura. Bisogna riconoscere i capanni per quello che sono: un valore per il turismo, per le scuole, per la memoria e la tradizione nati come mezzo finalizzato a fornire integrazione alimentare delle famiglie povere presenti sul territorio dal XV secolo.
I capanni sono un fenomeno che nasce in maniera spontanea, per necessità, e fin da subito si autoregola. Solitamente, ogni singolo capanno vede la compartecipazione di 6/7 proprietari, così da poter essere utilizzati a rotazione nella settimana. Un sesto o un settimo della proprietà, viene tradizionalmente chiamata quota, la quale può essere ceduta con il diritto di prelazione dei soci rimanenti e viene trasmessa per eredità ai figli o agli eredi. La cosa davvero straordinaria e anacronistica per i nostri giorni è che non vi è nessun contratto scritto, tutto viene sancito tra galantuomini con una pubblica stretta di mano.
I capanni si estendono in Romagna, da Rimini a Comacchio, con strutture totalmente diverse, a causa della povertà da cui nascevano, e sottostanno a enti diversi, a seconda che si trovino su acque interne o zone marittime, su golene o su canali di scolo, passando quindi dalla Regione Emilia-Romagna al Parco del Delta del Po ai Consorzi di bonifica ai Comuni.
Considerato che:
I capanni da pesca costituiscono da sempre un viaggio nel tempo, attraverso le tradizioni di pesca locali della Romagna, una sorta di eco-museo all’aperto per conoscere come si viveva una volta nelle zone umide della nostra Regione e, come tali, vengono valorizzati dal punto di vista turistico.
Sul portale di APT Servizi, i Capanni da pesca vengono raccontati come “uno dei simboli del paesaggio emiliano-romagnolo che con le loro sagome colorate e inconfondibili sono guardiani instancabili delle nostre acque.” e ancora “Scoprire i capanni da pesca è una proposta per tutte le stagioni: la primavera, con le prime giornate miti, regala lo spettacolo del risveglio della natura; l’estate arricchisce, con un sapore del tutto vintage, la vivace vacanza di spiaggia; l’autunno offre un break rilassante, perfetto per il rientro alla quotidianità; e infine, l’inverno, con la sospensione della pesca e lo smontaggio delle reti, è perfetto per chi cerca tranquillità e vuole entrare in contatto con le genti di questi luoghi.”
Tre sono gli itinerari perfetti che APT suggerisce “Per farvi conoscere questa realtà autentica, vi proponiamo alcuni itinerari perfetti come:
suggerimento per pescatori non professionisti
idea di viaggio per gli amanti del birdwatching
prossima meta per appassionati di fotografia”
Iniziative come “Capanni Aperti”, giornata dedicata che si svolge ogni anno a maggio nel ravennate oppure “Primavera Slow”, ovvero 4 settimane di eventi dedicati al birdwatching e al turismo naturalistico nel Parco del Delta del Po alla riscoperta di paesaggi caratterizzati dai tradizionali capanni da pesca, costituiscono solo un esempio delle tante iniziative messe in campo a livello locale per promuovere la conoscenza di queste realtà.
Tanti sono anche gli itinerari cicloturistici che in ottica di “slow turism” toccano i capanni da pesca offrendo un modo del tutto nuovo di approcciare i luoghi che li circondano. La stessa Regione Emilia-Romagna nel presentare la Ciclovia Adriatica pone l’accento sull’importanza storico-culturale e naturalistica che associa ai capanni da pesca, ponendo piallassa Baiona e il capanno Garibaldi a fianco del mausoleo di Teodorico o della basilica di Sant’Apollinare in Classe.
Atteso che:
I Comuni territorialmente interessati proprio in relazione alla valenza dei capanni da pesca hanno elaborato ed approvato appositi Piani Urbanistici di settore al fine di valorizzare e regolamentare la presenza delle suddette strutture.
Il “Regolamento Capanni” del Comune di Ravenna, ad esempio, reputa storici i capanni costruiti ante 1967, anche se non concessionati, poiché prima del 1967 non era necessaria la concessione.
Da alcuni anni sta andando avanti, tra una proroga e l’altra, la necessità di regolamentare e mettere a norma i capanni. Una partita delicata giocata sull’applicazione delle norme edilizie e circa l’interpretazione data dalla Regione del R.D. 523/1904. In particolare i capanni ancorati a terra, e non su palafitta, dovrebbero essere abbattuti e ricostruiti su palafitta, ma ciò vorrebbe dire buttare storia e cultura locale, per creare piccole strutture tutte identiche su palafitta.
I capanni sono una realtà che va certamente qualificata, ma non snaturata. Il bello dei capanni è proprio la loro diversità, la loro storia, l’impegno variegato profuso nel realizzarli. Vanno visti come un’opera d’arte e d’ingegno che i nostri antenati ci hanno lasciato. Spetta alle istituzioni conservarlo come una grande opera e costruire un progetto di museo diffuso di una tradizione che non va perduta.
ARPAE, struttura competente al rilascio delle autorizzazioni, ha concesso una proroga al 2027 per la presentazione di documentazione integrativa per quanto concerne il ravennate.
Le istruttorie per la regolarizzazione delle concessioni, ferme dal 2004, stanno lentamente riprendendo, avanzando da nord asta fluviale per asta fluviale e dalla costa all’entroterra concessione per concessione.
Atteso altresì che:
Le strutture di pesca esistenti sulle aste fluviale per non incorrere nei divieti previsti dall’art. 96 del R.D. 523/1904 devono avere caratteristiche riconducibili a “… consuetudini per l’esercizio di legittime ed innocue concessioni di pesca, quando in esse si osservino le cautele od imposte negli atti delle dette concessioni, o già prescritte dall’autorità competente, o che questa potesse trovare conveniente di prescrivere…”.
Al fine di individuare quali siano le predette caratteristiche è necessario esaminare quanto prescritto dal Piano stralcio dell’assetto idrogeologico e dal Piano di Gestione Rischio Alluvioni che prevede: “… A tutti gli alvei dei corsi d’acqua del territorio dei Bacini Regionali Romagnoli si applicano inoltre i criteri e gli indirizzi per la disciplina dei capanni per la pesca sportiva e ricreativa di cui ai ‘Criteri e indirizzi per i programmi ittici provinciali e la disciplina dei capanni per la pesca sportiva e ricreativa nel parco regionale del Delta del Po’ approvato dall’Assemblea del Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po con delibera n. 2 della seduta del 10 febbraio 1999 …”.
I “Criteri e indirizzi per i programmi ittici provinciali e la disciplina dei capanni per la pesca sportiva e ricreativa nel parco regionale del Delta del Po”, così come modificati dalla deliberazione del Comitato esecutivo del Parco del Delta del Po del 19-06-2023, n. 50, prevedono al punto 5.2 che “Il capanno da pesca è una struttura correlata nella durata alla persistenza del titolo concessorio del terreno, costruita su palafitte o su elementi galleggianti opportunamente ormeggiati, o a terra, adibita al ricovero di attrezzi per la pesca e di persone durante l’esercizio della stessa nei termini di cui alla L.R. 11/93 e successive modifiche ed integrazioni. L’uso del capanno è finalizzato all’attività di pesca, specificatamente ne è vietato l’utilizzo a fini abitativi anche a carattere temporaneo.”.
Come si legge nelle motivazioni dalla deliberazione del Comitato esecutivo del Parco del Delta del Po del 19-06-2023, n. 50, recante “Modifica criteri indirizzo pianificazione capanni da pesca”, la decisione di ricomprendere nella definizione di capanno da pesca anche le strutture a terra è stata assunta “al fine di consentire il rinnovo della concessione di aree demaniali presso alcuni corsi d’acqua, quali i Fiumi Uniti, in Comune di Ravenna per occupazione con struttura da pesca, ai capannisti, (relativamente a strutture regolarmente realizzate a fronte delle rispettive concessioni demaniali rilasciate dal Genio Civile della Stato sino agli anni ’70 e poi dalla Regione Emilia-Romagna tramite il Servizio provinciale Difesa del Suolo – poi Servizio Tecnico di Bacino – e riconosciute quindi nell’ambito della pianificazione comunale di settore, nonché ritenuti conformi in base alla normativa tecnica di attuazione dei Piani di Stazione del Parco)”.
I capannisti, singolarmente o attraverso le loro forme associative, hanno già presentato domanda di rinnovo della concessione demaniale del proprio capanno, o domanda di riqualificazione del capanno ai sensi dei vigenti Regolamenti Capanni dei Comuni, interessati ad ottenere la piena legittimazione del proprio Capanno in termini sia Concessori sia di Normativa Edilizia, purché nell’ambito di una giusta sostenibilità economica.
Visto che:
altre regioni hanno già legiferato con l’intendimento di perseguire una puntuale tutela e valorizzazione del patrimonio storico culturale e ambientale rappresentato da analoghe strutture tradizionali di pesca site nei rispettivi territori, come la Regione Abruzzo che, già nel 1994 con l’approvazione della legge regionale n. 93, ha inteso «perseguire una puntuale tutela del patrimonio storico culturale e ambientale rappresentato dai trabucchi della costa abruzzese», nonché del «loro intorno, compreso il tratto di mare che concorre a formare il “quadro d’insieme”» tutelandoli «quali beni culturali primari».
al Senato della Repubblica risulta incardinato, in sede di Commissione, un disegno di legge d’iniziativa del Consiglio regionale dell’Abruzzo recante “Disposizioni per la tutela e la salvaguardia dei manufatti e delle macchine per la pesca tradizionali esistenti sul demanio marittimo, lacuale e fluviale italiano” teso ad estendere a livello nazionale la tutela di questi manufatti;
Considerato, infine, che:
I capannisti con le loro forme associative si sono resi partecipi di collaborazioni a fini ambientali e turistici con le amministrazioni pubbliche, finalizzate al mantenimento ed al miglioramento delle condizioni ambientali e infrastrutturali delle zone umide e fluviali che ospitano i capanni.
I capannisti hanno attivato forme di collaborazione per la sorveglianza delle arginature in relazione ai crescenti fenomeni di dissesto legati alla presenza di specie fossorie nonché per la gestione di attività di protezione civile legate alle piene fluviali.
IMPEGNA LA GIUNTA REGIONALE
ad attivarsi affinchè i Capanni da pesca, nella loro diversità, possano ottenere, quale elemento caratterizzante del paesaggio romagnolo, la giusta tutela, nonché, con essa, la piena legittimazione in termini sia concessori sia di normativa edilizia.


https://lacronacadiravenna.it/articolo/17368/Capanni-da-pesca-patrimonio-da-tutelare-e-valorizzare
Lascia un commento