Fmagazine

Magazine ufficiale dei “piccoli” del Terzo Settore italiano

Una produzione EDIZIONI DE CARLI

Non attendo un Papa, attendo la Chiesa

NON ATTENDO UN PAPA, ATTENDO LA CHIESA
di Mirko De Carli per FMagazine

Il dibattito di queste ore che seguono il toccante funerale di Papa Francesco e precedono il conclave è tutto concentrato su chi sarà il successore di Bergoglio. Il toto nomi, come per ogni scommessa che si rispetti, è partito da giorni e domina le prime pagine dei giornali e le aperture di quasi tutti i telegiornali. Con la sincerità spontanea che da sempre mi anima posso dirvi che non provo grande fascino o attenzione per questo avanspettacolo clericale, pur sentendo nel cuore un richiamo forte per un cardinale amico e padre che parteciperà al prossimo conclave. In questi giorni di lavoro intenso per il deposito delle liste elettorali per le prossime amministrative sono stato travolto anche da pochi ma toccanti momenti in cui è tornato a sfiorarmi il “silenzio di Dio”. Sì, avete letto bene, quello che il Card. Ratzinger definiva come il linguaggio più familiare e diretto con cui Dio parla all’uomo. Attimi che mi hanno aiutato a capire che non è una questione umana che è in gioco, ovvero un nome od un altro come Pontefice, ma una questo divina che è allo stesso tempo profondamente terrena: il segno che vuole lasciare la Chiesa negli anni a divenire.

Quindi arriviamo al punto della questione: non attendo un Papa, attendo la Chiesa. Le sfide del tempo che verrà sono già chiare e decisive oggi: mutazione genetica dell’umano e della natura della famiglia, nuovo rapporto col creato, nuove frontiere dei diritti umani in rapporto con i nuovi paesi emergenti e emergenza demografica in relazione con le migrazioni. Terreno di scontro su cui la parola della Chiesa sarà ancora una volta decisiva. Durante il Pontificato ci ha sorpreso la lettura d’avanguardia e di grande respiro che ha visto la Chiesa lavorare per la pace in Ucraina e Terra Santa, condannare le ideologie più violente come il gender o l’utero in affitto, riaffermare il valore fondante della civiltà umana che poggia sulla famiglia e la sfida di un’Occidente capace di accogliere ma nella consapevolezza che non si può garantire soccorso se non ci sono le condizioni umanitarie e sociali per farlo: ora serve rafforzare e radicare questa vitalità che unisce una pugnace chiarezza valoriale con un creativo protagonismo sociale.

L’immagine dell’incontro tra Trump e Zelenski dentro le mura di San Pietro è la plastica fotografia del cammino che attende il mondo e la Chiesa che verrà: la pace può essere il linguaggio diplomatico universale solo se la lezione del Vangelo tornerà ad animare lo spirito dei Capi di Stato di ogni parte dell’universo. Servirà quindi una Chiesa che, come dopo il crollo dell’Impero romano d’Occidente, si faccia carico della lunga e faticosa ma necessaria opera di ricostruzione nutrendo il proprio dinamismo spirituale attraverso la sempre crescente vitalità di fede presente in Sud America, Africa ed Asia. Senza aver paura di modellare forme nuove pur sempre fedeli alla Parola di Dio: non è un caso che il cristianesimo, nel mondo, si è radicato mutando di paese in paese in base alle tradizioni e sfaccettature etniche senza mai allontanarsi da quella che noi cristiani conosciamo come “Via, Verità e Vita”.

Buon conclave, buon Anno Santo a tutti ma sopratutto gustatevi, se potete, il silenzio di Dio perché abbiamo bisogno della carezza di un Padre per essere dei figli veramente protagonisti del nostro tempo.

La follia di Franceschini

30 03 25

LA FOLLIA DI FRANCESCHINI
di Mirko De Carli per FMagazine

Sembra che oggi si faccia a gara a chi la spara più grossa, peccato che troppo spesso a dirle siano personaggi che hanno ricoperto incarichi di assoluto rilievo. Questa volta è toccato a Dario Franceschini che ha sparato un missile carico di  un’idiiozia senza confini: ai figli solo il cognome della madre. In questa società che da liquida sta gradualmente diventando liquefatta lo sport preferito è quello di demolire colpo dopo colpo i legami tra generazioni facendo sì che i più giovani siano sempre di più atomizzati nel loro rapporto con la storia e con il tempo. Il cognome è indice di una relazione che valica i confini dei gradi di parentela più stretta e consente a chi nasce di rimanere ben saldo ai nuclei familiari che lo hanno generato di generazione in generazione. Non è una questione di padre o di madre: si tratta di tenere bel intrecciato il neonato con il capofamiglia che è colui da cui si radica la continuità di una radice genetica e non solo.

Dal cognome puoi risalire ai rapporti generazionali più lontani che nel tempo sono nati da famiglie sorte da uomini sposati con donne che hanno concepito figli da cui sono poi nati nipoti e pronipoti e via via di seguito di generazione in generazione. Il padre garantisce il mantenersi di quel “filone familiare” che la donna, vera anima della famiglia, protegge attraverso la cura del nido domestico. Al padre la discendenza, alla madre l’accudimento. Non è questione di patriarcato o di maschilismo ma di buon senso, sopratutto in una società disgregata da mali contemporanei come il divorzio: se sganciamo i pochi neonati dal legame col padre attraverso il cognome, in una società dominata da matrimoni falliti e da affidamenti quasi nella loro totalità alle madri dei figli, daremmo vita ad una generazione di ragazzi e ragazze che, con il solo cognome delle madri, non avrebbero alcun legame paterno trascinandoli in balia di continui cambi di nuclei familiari senza alcuna radice genealogica solida e riconoscibile.

Nessuno tocchi il cognome del padre (già l’aggiunta affianco del cognome materno è un bieco retaggio di questa non cultura contemporanea) perché solo così si salverebbero quei rapporti familiari intergenerazionali che, in tempo di graduale decadimento dello stato sociale, sono il vero salvagente di chi è più solo e fragile. Per questo caro Franceschini hai sparato una vera e propria boiata che, rispedirla al mittente, è segno di buon senso e di civiltà.

Conviviale tradizionale con imprenditori e professionisti: ospite Banca Mediolanum

25 03 25

Ieri sera, nella magnifica cornice dell’ Antica Bottega Di Felice e con un ottima degustazione di pesce, si è tenuta la nostra periodica conviviale con imprenditori e professionisti del territorio. Uno dei nostri principali impegni è da sempre mettere in rete le esperienza imprenditoriali e professionali affini alle sensibilità culturali e politiche che ci animano. Un plauso particolare all’amico Pier Paolo Ricci che ha tenuto una preziosa relazioni sui prodotti di Banca Mediolanum

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LA GUERRA DEI DAZI COMBATTUTA CON L’ARMA PORNHUB
di Mirko De Carli per FMagazine

Sembra incredibile ma è tutto vero: il Canada, per bocca di uno dei maggiori comici nazionali, lancia il guanto di sfida ai dazi approvati dall’amministrazione Trump proponendo (per ora solo come provocazione) la censura per i cittadini statunitensi sui video della piattaforma Pornhub che ha sede legale in Canada. Gli Stati Uniti d’America vogliono limitare il commercio delle eccellenze canadesi? I canadesi rispondono colpendo i pipparoli a stelle e strisce. Se guardiamo i numeri reali ci rendiamo subito conto che una simile provocazione, se messa in pratica, colpirebbe una platea ben più vasta di quella riguardante l’ordine esecutivo di Donald Trump: gli accessi alla principale piattaforma pornografica sono in cima ad ogni classifica di utenti a livello mondiale, generando flussi di introiti commerciali e pubblicitari milionari.

Questo scontro mezzo stampa e web tra Usa e Canada pone in evidenza una questione che più volte abbiamo evidenziato come tra le sfide decisive di questo tempo: mettere al bando i siti pornografici per i minorenni e dare un taglio sostanziale al mercato della pornografia mondiale. Se una nazione come il Canada immagina di poter mettere in crisi la superpotenza americana attraverso una piattaforma per “segaioli” di ogni età significa che l’accesso a questo materiale è un’affare che muove tanti quattrini e molti interessi economici.

Per noi le emergenze che si sviluppano attorno a queste piattaforme sono chiare da tempo: sfruttamento dello prostituzione (anche minorenne), turbativa psicologica sui giovani che vengono dis-educati sessualmenre parlando e milioni di euro fuori dai mercati ufficiali che non generano alcun beneficio per la collettività (dato che questi siti non pagano alcuna tassa negli stati in cui sono visibili sul web).

Per questo la provocazione del comico canadese Matthew Puzhitsky ha stimolato il nostro interesse e ci ha spinto a rilanciare l’appello a Trump ed anche a Meloni: se volete governare per garantire la salute mentale dei nostri ragazzi e porre un argine alle violenze sessuali ingenerate troppo spesso da una sessualità deformata realizzate un vero e proprio ban al porno sul web. Oltre ad essere una scelta etica a tutela dei più fragili e dei più giovani è anche una decisione che può far emergere milioni di euro o dollari che ora sono fuori dalla tracciabilità pubblica e non generano alcuna contribuzione fiscale.

Salviamo le menti di tanti giovani e portiamo molti più quattrini a sostenere l’economia reale dei nostri paesi e non quella sommersa, spegniamo pornhub (e piattaforme similari) senza esitazioni.